HTC Touch Cruise: la prova del GPS. Di SoloPalmari.
Giorni fa all’Touch Cruise, neonato PDA phone di punta della nuovissima gamma HTC, avevamo dedicato un approfondimento a nostro avviso particolarmente significativo: il benchmark sulle prestazioni. La comparativa aveva l’ambizione, non necessariamente celebrata, di esprimere le performance generali di cui il terminale è capace. Ora è il momento di un altro test, non meno importante: quello riservato al ricevitore satellitare integrato.
Il GPS è una componente nativamente presente nella “scheda madre” del Polaris (alias Cruise), prodotta da Qualcomm. L’antenna, chiamata GpsONE, può lavorare tanto come sistema indipendente, quanto con il supporto delle effemeridi scaricate da un server remoto, funzione che in termini molto generici viene definita A-GPS.
In una prova riservata al conosciutissimo HTC P3600 il chipset aveva già dimostrato di reggere il confronto con il più blasonato SiRF Star III, impiegato negli E-TEN Glofiish e su altri dispositivi concorrenti. Come saprà comportarsi, ora, la medesima periferica incarnata nel terzo protagonista della serie HTC Touch? Tentiamo di scoprirlo subito, praticando i test sui tempi di fix e sulla tenuta del “segnale”.
Primo esperimento: il Time To First Fix. Avvalendoci di VisualGPSce, applicativo già noto ai lettori, cercheremo di cronometrare il tempo necessario al device per individuare la posizione dei satelliti, interpretarla e localizzare se stesso su di una mappa di coordinate. Perché l’operazione abbia successo è necessario che il ricevitore “fissi” almeno tre trasmettitori in orbita: vediamo cosa è successo.


L’esito è apparentemente entusiasmante sebbene, è giusto precisare, l’esame sia stato effettuato in assenza di ostacoli (come palazzi alti o fitta boscaglia): appena 12 secondi, e l’HTC Touch Cruise effettua il primo fix, successivo ad un hard reset. Come se non bastasse i satelliti “agganciati” non sono soltanto tre, ma ben otto, e senza l’ausilio dell’A-GPS.
Le prestazioni diventano ancora più convincenti nei fix successivi: una manciata di secondi, tre o quattro, per riprendere la posizione. Ben pochi i terminali capaci in passato di esprimere pari potenzialità.
Terminata con successo la prima fase della prova, è ora il momento di accertare che il Cruise sia in grado di bissare la performance: questa volta il device dovrà “tenere” in marcia il segnale precedentemente elaborato. Come scenario è stata scelta una strada provinciale nei pressi di Roma, caratterizzata da una visuale del cielo particolarmente sgombra.
Per registrare i “track log” ci avvarremo ancora una volta dell’applicativo VisualGPSce; le tracce saranno successivamente proiettate sulle cartografie di Google Maps attraverso il servizio online offerto da GPS Visualizer. In questo modo sarà possibile confrontare il percorso “visto” dal ricevitore satellitare con quello disegnato sulle mappe adottate da Google.

Primo tratto, il rettilineo di partenza, pressoché ineccepibile: cartografia e track log coincidono a puntino.

Ancora un altro percorso, alla presenza di qualche moderata curva: nessuna sbavatura anche in questo caso.
Si passa ora ad un tragitto leggermente più impegnativo, dove la strada disegna anse più accentuate. La traccia rimane ancorata al percorso, sebbene in alcuni punti tenda a spostarsi sulla linea di mezzeria (ben pochi i sistemi satellitari in grado di “tenere la destra” con rigore, tanto più che leggere sbavature vengono condonate dai sofisticati algoritmi di “aggiustamento” con i quali gli applicativi cartografici sono implementati)


Ultimo tracciato, raffigurato con una linea blu: nessun cedimento, dopo aver spento e riacceso il terminale.